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La COMUNICAZIONE STRATEGICA in 4 Passi
di: Maurizio Tucci

“La scienza è un modo per percepire,
organizzare e dare significato all’osservazione
costruendo teorie soggettive il cui valore non sia definitivo.”
Gregory Bateson


La Comunicazione Strategica mira all’ampliamento delle possibilità di scelta nella realtà di un individuo o di una organizzazione. Comunicare, seguendo un approccio strategico alla soluzione dei problemi, significa fare a meno di spiegazioni assolutamente “vere” e “definitive” della realtà.

L’orientamento strategico si spiega all’interno delle cornici di riferimento in cui una persona si muove e vive. E, poiché il pensiero lineare è inappropriato per comprendere qualcosa all’interno di una cornice, ci serviamo del pensiero ambientale, il cosiddetto pensiero non-lineare.

Nondimeno prima di questa rapida panoramica può essere utile rammentare che separare, sminuzzare e dividere la realtà e il pensiero, in contenitori è un buon modo per amministrare le cose, le idee e le persone, ma in questo modo viene esaltata solo la capacità analitica dell’uomo. Quando riduciamo la realtà in categorie la rendiamo ‘digeribile’, ma le persone e le idee non si lasciano inscatolare e ridurre in approssimazioni comode. Piuttosto l’esperienza insegna che alla lunga questi schemi si trasformano in pericolose trappole.

Quella che presentiamo ora, in accordo con l’imperativo etico di Von Foerster “Agisci sempre in modo da aumentare il numero delle scelte”, è una mappa costituita dai quattro punti che sostengono l’azione strategica nella soluzione dei problemi:

Trovare la chiave;
Rompere l’incantesimo;
Uscire dalla gabbia dell’ovvio;
Scacco matto al problema.

Come vedrete l’approccio strategico considera la realtà una conseguenza del punto di vista del soggetto. Ecco perché ha senso chiedersi “quali sono le chiavi che permettono di entrare in una particolare costruzione della realtà?”

In effetti se nel risolvere un problema il “regista” affida al pensiero ambientale un ruolo da attore primario, abbiamo buone possibilità di vedere un bel film sull’efficacia della Comunicazione Strategica.


TROVARE LA CHIAVE

Tre saggi decisero di intraprendere un viaggio poiché, anche se nel loro paese erano considerati sapienti, erano abbastanza umili da sperare che viaggiare avrebbe aperto le loro menti. Avevano appena attraversato il confine di un paese vicino, quando videro da lontano un grattacielo. Si chiesero che cosa potesse essere un oggetto tanto enorme.

La soluzione più ovvia sarebbe stata quella di andare a vedere di persona, ma ciò avrebbe potuto essere pericoloso: se fosse scoppiato appena si fossero avvicinati? In ogni caso era più saggio stabilire prima di cosa si trattava.
Furono avanzate, esaminate e confutate, in base all'esperienza passata di ognuno di essi, numerose teorie. Alla fine fu stabilito, sempre sulla scorta delle loro conoscenze precedenti, che erano assai vaste, che l'oggetto in questione, qualsiasi cosa rappresentasse, non poteva essere stato collocato lì se non da un gigante.
Da tutto ciò trassero la conclusione che sarebbe stato più prudente stare alla larga da quel paese. Così ritornarono in patria con un elemento nuovo da aggiungere al loro corredo di esperienze.


Esistono molte realtà, a seconda dei punti di osservazione e degli strumenti utilizzati per osservare. Noi, come organismi pensanti, non agiamo direttamente sulla realtà che si presenta davanti ai nostri occhi, ma sulle trasformazioni percettive che danno vita all’esperienza che facciamo del mondo. Quindi, per un approccio strategico, ciascuno può confrontarsi con le trasformazioni percettive che ‘formano’ l’esperienza, con le “categorie”, le “attribuzioni” e i “linguaggi” di cui si serve un soggetto per configurare e spiegarsi il mondo circostante. Per far questo è importante passare da una visione chiusa dei sistemi, ad una visione meno teorica, e più aperta.

Avete mai pensato a cos’è veramente utile per un uomo di fronte ad una serratura? Di cosa ha bisogno per aprire la porta? E’ realmente utile interessarsi della serratura in sé stessa, della natura e della sua costituzione intrinseca o ha invece bisogno di una chiave per aprire quella porta? Solo con la chiave adatta a quella serratura quell’uomo può aprire quella porta.

Nel passaggio dal contenuto al processo, e dalla teoria al modello operativo, si mette in moto un dinamismo fatto di azioni concrete. Pertanto c’è un passaggio dal sapere perché fare una data cosa in favore dell’adozione dei modi strategici sul come fare per trovare la chiave di “quella” porta.

Peraltro nella ricerca della chiave può essere utile riflettere su due aspetti. Il primo è ben illustrato da Marilyn Ferguson: “Nessuno può convincere un altro a cambiare. Ciascuno di noi è custode di un cancello che può essere aperto soltanto dall’interno. Noi non possiamo aprire il cancello di un altro, ne’ con la ragione, ne’ con il sentimento.” Il secondo aspetto riguarda la semplice constatazione che le ipotesi di chi si mette alla ‘ricerca della chiave perduta’ condizionano la sua osservazione; il modo in cui ciascuno di noi osserva la realtà genera una serie di convinzioni che formano l’esperienza. Così è proprio l'esperienza di colui che ricerca la chiave a dar vita al suo comportamento. E sarà proprio il suo comportamento a chiudere il cerchio a conferma dell’ipotesi iniziale.


ROMPERE L’INCATESIMO

C'era una volta un giovane principe che credeva in tutte le cose tranne che tre. Non credeva nelle principesse, non credeva nelle isole, non credeva in Dio. Il re suo padre gli diceva che queste cose non esistevano. Siccome nei domini paterni non vi erano né principesse, né isole, né alcun segno di Dio, il principe credeva al padre. Ma un bel giorno il principe lasciò il palazzo reale e giunse al paese vicino. Quivi, con sua grande meraviglia, da ogni punto della costa vide delle isole e, su queste isole, strane e inquietanti creature cui non si arrischiò di dare un nome. Stava cercando un battello, quando lungo la spiaggia gli si avvicinò un uomo in abito da sera, di gran gala.
“Sono vere isole, quelle?”, chiese il giovane principe.
“Certo, sono vere isole”, rispose l'uomo in abito da sera.
“E quelle strane e inquietanti creature?”.
“Sono tutte genuine e autentiche principesse”.
“Ma allora anche Dio deve esistere!”, gridò il principe.
“Sono io Dio”, rispose l'uomo in abito da sera con un inchino.
Il giovane principe tornò a casa al più presto.
“Eccoti dunque di ritorno”, disse il re, suo padre.
“Ho visto le isole, ho visto le principesse, ho visto Dio”, disse il principe in tono di rimprovero.
Il re rimase impassibile.
“Non esistono né vere isole, né vere principesse, né un vero Dio”.
“Ma è ciò che ho visto!”.
“Dimmi com'era vestito”.
“Dio era in abito da sera, di gala”.
“Portava le maniche della giacca rimboccate?”.
Il principe ricordava che erano rimboccate. Il re rise.
“E' la divisa del mago. Sei stato ingannato”.
A queste parole il principe tornò nel paese vicino e si recò alla stessa spiaggia dove s'imbatté di nuovo nell'uomo in abito da sera.
“Il re mio padre mi ha detto chi sei”, disse il principe indignato. “L'altra volta mi hai ingannato, ma non m'ingannerai ancora. Ora so che quelle non sono vere isole, né vere principesse, perché tu sei un mago”.
L'uomo della spiaggia sorrise.
“Sei tu che t'inganni, ragazzo mio. Nel regno di tuo padre vi sono molte isole e molte principesse. Ma tu sei sotto l'incantesimo di tuo padre e non le puoi vedere”.
Il principe tornò a casa pensieroso. Quando vide il padre, lo fissò negli occhi.
“Padre, è vero che tu non sei un vero re, ma solo un mago?”
Il re sorrise e si rimboccò le maniche.
“Sì, figlio mio, sono solo un mago”.
“Allora l'uomo della spiaggia era Dio”.
“L'uomo della spiaggia era un altro mago”.
“Devo sapere la verità, la verità dietro la magia”.
“Non vi è alcuna verità, dietro la magia”, disse il re.
Il principe era in preda alla tristezza. Disse: “Mi ucciderò”. Il re, per magia, fece comparire la morte. Dalla porta la morte fece un cenno al principe. Il principe rabbrividì. Ricordò le isole belle ma irreali e le belle ma irreali principesse. “Va bene”, disse, “riesco a sopportarlo”.
“Vedi, figlio mio”, disse il re, “adesso anche tu stai diventando un mago”.

Da The magus, di John Fowles, Dell Publishing Co., Inc., pp. 499-500

La Comunicazione Strategica è sostenuta dalla necessità vitale di aprire un varco nel sistema percettivo del soggetto. Conoscete la storiella di quell’uomo, un po’ ubriaco, che mentre la sera torna a casa perde la chiave nei pressi della porta della sua abitazione?
Purtroppo, come accade ad un vecchio ‘disco incantato’ l’omino avvia, e continua, la sua ricerca solo nel punto illuminato vicino all’ingresso di casa. Finché finalmente un passante si offre per aiutarlo; quando però il passante gli chiede se è sicuro di averla persa in quel punto, proprio sotto il lampione, l’omino risponde: “Ovvio che non l’ho perduta qui’, ma li’ è troppo buio!!”
In casi simili l’individuo è vittima di una maliziosa tendenza che lo porta a conservare le strategie che, anche se in situazioni analoghe del passato si rivelarono efficaci, allo stato attuale mostrano l’effetto beffardo di un brutto incantesimo. E così, di fronte a un tale incantesimo, la prima azione strategica da compiere è quella di interrompere il perpetuarsi del sistema percettivo-reattivo che un soggetto usa per mantenere in vita un problema. Attraverso l’osservazione delle tentate soluzioni e con la rottura del sistema percettivo-reattivo che rende stabile un problema è possibile compiere un’azione strategica che permetterà la ri-definizione dello stato attuale e dell’esperienza.

Rompere l’incantesimo vuol dire facilitare un cambiamento di prospettiva e aiutare il soggetto nel fare un salto di paradigma che produrrà un cambiamento nella percezione della realtà che modificherà la realtà stessa.
Un aspetto fondamentale che orienta l’azione strategica riguarda il focus dell’attenzione sulle relazioni e, in particolare, sulle relazioni interdipendenti che ogni individuo vive con se stesso, con gli altri e con il mondo. Quindi l’attenzione è focalizzata su tre principali categorie o aree di relazione:

l’interazione tra il soggetto e se stesso;
l’interazione tra il soggetto e gli altri;
l’interazione tra il soggetto e il mondo.

Per interazione tra il soggetto e il mondo s’intende l’ambiente sociale, i valori e le convinzioni che regolano la cornice in cui un soggetto vive. Com’è facile intuire le tre aree interagiscono fra loro e s’influenzano reciprocamente. Lo stretto legame tra queste aree di relazione spiega perché, infatti, se anche una sola categoria non funziona bene, anche le altre ne risentono.

Qual è, insomma, è la dimensione più sentita dal soggetto? Rompendo l’incantesimo che lega il soggetto alle soluzioni tentate fino a quel momento si fa spazio a nuove possibilità per percepire il mondo circostante e le relazioni tra le diverse aree di relazione.


USCIRE DALLA GABBIA DELL’OVVIO

Non c’è più nulla di divertente in un gioco quando un incantesimo ha deformato la realtà in modo limitante. Osservando dall’esterno quella prospettiva, ci chiediamo “qual è la percezione del mondo dall’interno di questa “gabbia percettiva”?

Nella soluzione di un problema non è facile per una persona trovare da sola e dal proprio interno una risposta all’interrogativo:

“Cosa c’è di così ovvio che non riesco ancora a vedere?”

Spesso tutte le ipotesi fatte dall’interno di una gabbia producono una serie di giudizi che tendono a classificare la situazione in cui l’individuo è immerso come se fosse senza soluzione. A quel punto chi vive il problema tende a mettere in discussione, attraverso rigidi schemi logici, la possibilità che esista una soluzione al suo stato attuale. Così sfilano sotto accusa una serie di fattori, senza che la persona si renda conto che è necessario uscire da quella “gabbia” da cui il proprio sistema logico non permette di fare ipotesi produttive.

Allo stesso modo in cui il limite di ogni teoria è dato dalle premesse teoriche, anche la soluzione deve fare i conti con le premesse che nascondono la via d’uscita.

Si può uscire da una situazione problematica ritenuta impossibile? E’ possibile rendersi conto, dall’interno della gabbia, delle proprie premesse?

In casi simili è utile affidarsi a qualcuno che si assuma la responsabilità di “portare alla luce” le premesse che limitano i confini attuali. Spesso è evidente l’utilità di una figura esterna. Altre volte si arriva anche a credere di poter fare a meno di qualcuno. Coloro che ancora non si rendono conto della loro rigidità percettiva non hanno neanche bisogno di qualcuno che li faccia uscire fuori dalla gabbia che non percepiscono. Tuttavia non è facile cavarsela da soli; nella soluzione di questo genere di problemi è importante la presenza di qualcuno che, con un approccio strategico, si chieda in che modo e con quali passi aiutare il soggetto ad uscire da quella situazione specifica.

Ecco il senso e l’efficacia della Comunicazione Strategica: “per aiutare ad uscire dalla gabbia dell’ovvio bisogna adattare una strategia al soggetto e non far adattare il soggetto alla strategia.”


SCACCO MATTO AL PROBLEMA

" Una vecchia ebrea è seduta accanto uno svedese grande e grosso e continua a fissarlo.
Alla fine gli rivolge una domanda: < mi scusi, lei è ebreo? >.

, risponde lui .

Pochi minuti dopo lei lo interpella nuovamente:< A me può dirlo, sa. Lei è ebreo, vero?>.
E quello risponde: < Assolutamente no >.
La signora lo studia per un po', poi ripete: < Sono sicura che lei è ebreo >.
Pur di stare in pace, l'uomo dichiara: < E va bene sono ebreo!>.

La vecchietta lo guarda di nuovo, scuote la testa, e dice: < Non si direbbe proprio! >”.





Prima si cambia l’azione, poi il pensiero; nelle parole di Von Foerster:

“ Se vuoi vedere, impara ad agire”.

Lo “scacco matto” al problema prevede un movimento che prende il via dall’esperienza e dall’azione per poi cambiare il pensiero, la prospettiva e la cornice.

L’insieme delle procedure (le strategie deputate a produrre il cambiamento) e dei processi ( le tappe evolutive del cambiamento) si basa su concezioni di causalità circolare, sulla retroazione tra causa ed effetto e sul principio di discontinuità del cambiamento e della crescita.

I principi della Comunicazione Strategica sono riconducibili all’evoluzione da una causalità di tipo lineare, diretta in una sola direzione, ad una causalità di tipo circolare. Non conta più la visione dell’evento A che determina l’evento B, e dell’evento B che genera C, perché questa visione costringe, alla ricerca di una spiegazione di un evento verso il passato. E’ utile invece l’interruzione delle spiegazioni che spingono al ricorso dell’analisi del passato (A) in quanto causa del presente (C). Attraverso la creazione di nuovi e robusti stati di risorsa si smette di seguire solo il punto di vista teorico che invita all’analisi del passato per comprendere il presente per incentivare, invece, il pensiero non-lineare.

Osservando, insomma, la stessa situazione da una prospettiva strategica il comportamento di un individuo viene visto come entità che interagisce all’interno di un sistema di relazioni, o cornici, sottolineando piuttosto il continuo e reciproco scambio di informazioni tra le entità singole che si influenzano a vicenda. Per quanto gli eventi passati possano aver tracciato la strada alle difficoltà che si presentano allo stato attuale, la sofferenza per una situazione problematica di oggi è collegata all’incapacità di far fronte al quel particolare problema che si presenta in questo momento.

Dunque un orientamento strategico è diretto verso la rottura del sistema di retroazione limitante che un soggetto vive con se stesso, con gli altri e con il mondo, puntando a far vivere nuove esperienze percettive- reattive. E’ l’agire, o l’esperienza, a produrre il cambiamento che, in seguito, viene rinforzato e reso consapevole.

Con il lieto fine dello ‘scacco matto’ al problema è prevista l’acquisizione, da parte del proprietario del problema, di nuove “procedure” per giocare in piena autonomia le nuove partite.

In conclusione ricordiamo le parole di Gregory Bateson sulla vita intesa come “un gioco il cui scopo è scoprire le regole, regole che cambiano sempre, e non si possono mai scoprire”.

Tutta l’esperienza è soggettiva!!